La stirpe dei Gattopardi. Lucio Piccolo, il barone poeta

Lucio Piccolo, il barone poetaNel quarantennale della sua scomparsa, Terrazza d’Autore ha voluto dedicare una serata ad una voce particolarissima della poesia siciliana, al fascino di un uomo e di un’epoca, ad un universo immaginifico di straordinario fascino. Poeta onirico, Lucio Piccolo è stato creatore di opere estremamente colte e raffinate. Primo cugino per parte di madre del celebre Giuseppe Tomasi di Lampedusa, raggiunse per primo la fama letteraria. Ma mentre il nome del cugino, legato allo straordinario successo postumo de “Il Gattopardo”, è citato ancora oggi come quello di uno dei più straordinari scrittori del nostro Novecento, il suo è presto scivolato nell’oblio.

Uomo dall’immensa cultura non solo letteraria (parlava correntemente moltissime lingue, dal greco antico al tedesco, dall’arabo al francese), la cui opera densissima e dal fascino unico, apparve come una meteora nel panorama letterario tra gli anni ’50 e ’60 dominato dal neorealismo,  amava definirsi un “perseguitato dalla poesia” alla quale aveva tentato di resistere opponendo “l’antidoto specialissimo della filosofia”. Il percorso proposto da Stefania La Via e Francesco Chillemi ha preso le mosse dalla biografia del poeta, ineliminabile tramite per giungere alle ragioni della sua produzione. Il suo rapporto con la madre, la baronessa Maria Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, donna straordinaria, e con i fratelli Casimiro e Agata Giovanna, con cui Lucio condivise la sua vita solitaria nella villa di famiglia a Capo d’Orlando. Un buen retiro, questa villa bianca, tra palme, glicini, pini, buganvillee, stipata di mobili, arazzi, porcellane antiche, tutti relitti di un mondo ormai perduto, dove i tre fratelli, distaccati da ogni preoccupazione di ordine pratico, coltivavano le loro passioni. Lì Tomasi di Lampedusa, in cerca di pace, si recava a scrivere le più celebri pagine de “Il Gattopardo”.

Il rapporto tra i due cugini, un sodalizio umano e intellettuale destinato a durare tutta la vita, era improntato ad una grande complicità, spesso venata di rivalità. Entrambi gareggiavano nell’accrescere la propria cultura per stupirsi ed ingelosirsi a vicenda. E le loro frequentazioni letterarie furono all’avanguardia per l’epoca. Tomasi importò materialmente a Palermo la poesia dell’austro-tedesco Rilke, mentre il cugino intratteneva una straordinaria corrispondenza con il futuro premio Nobel William Butler Yeats. Sarà proprio Lampedusa ad incoraggiare il poeta a pubblicare i propri versi, dopo la morte della madre. Ed è straordinario, a tale proposito, l’aneddoto dell’invio da parte di Lucio al grande Eugenio Montale di un plico contenente una piccola raccolta di liriche senza la necessaria affrancatura, non avendo abitudine alle cose pratiche. E l’interesse di Montale, spinto dall’aver dovuto pagare la tassa per il mancato affrancamento, nel leggere le opere di quello sconosciuto “giovane” poeta e nel proporlo come nuova scoperta letteraria ad un prestigioso convegno di poeti a Montecatini Terme, salvo scoprire che il “giovane” poeta era in realtà un maturo cinquantenne che aveva letto “tous les livres”.

Attraverso la voce di Ornella Fulco, che ha letto una selezione di testi comprendenti alcuni brani sulla famiglia Piccolo di Calanovella, tratti dai ricordi personali dello scrittore Vincenzo Consolo, e varie liriche di Piccolo, il pubblico di Terrazza ha potuto conoscere le due anime della poesia piccoliana, quella barocca, sensuale, eccessiva, notturna e quella greca, apollinea, legata al paesaggio Orlandino. Il percorso si è concluso con la lettura di quel capolavoro che è “Il raggio verde”, mentre nel fascino suggestivo del tramonto, l’ultimo raggio del sole morente, per un miracolo che eternamente si ripete, si faceva  “cristallo marino d’abissi”.

 Stefania La Via

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